All’estremità settentrionale di Piazza del Popolo, salotto della Todi bene, posta su un altura, si può ammirare la lunga scalinata d’accesso e la bella facciata romanica che caratterizzano il Duomo dell’Annunziata.
Sorta probabilmente a partire dall’XI secolo sui resti di un tempio dedicato al dio Apollo, la chiesa assunse la forma attuale dopo il rovinoso incendio del 1190 mentre notevoli ricostruzioni vennero eseguite dopo il terremoto del 1246, modificando pesantemente la struttura originaria.
Solo in epoca molto più tarda venne aggiunta la quarta “navatina” di destra, il campanile e la facciata (inizi del XV secolo). Quest’ultima a coronamento orizzontale presenta caratteri umbro-abruzzesi ed è scandita da due lesene piatte che la dividono in tre parti ognuna delle quali ospita un portale. I tre portali sono ornati da splendidi fregi: sulla lunetta di quello centrale spicca il gruppo della Vergine col Bambino, attribuito a Giovanni Pisano, figlio di Nicola. Il rosone centrale è un vero gioiello del Cinquecento, è un capolavoro “condotto con la finezza della trina”. L’interno si presenta a tre navate, con pianta a croce latina, e una quarta navata costruita nel Trecento.
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Fra le pregevoli opere d’arte qui conservate all’interno della Cattedrale della Santissima Annunziata si possono ammirare: entrando, sulla controfacciata, un Giudizio Universale di Ferraù di Faenza, detto il Faenzone, della fine del XVI secolo; ai pilastri dell’abside, due tavole dello Spagna, e presso il fonte battesimale, un’altra tavola dello stesso Spagna, che raffigura la Trinità; tre statue della scuola di Giovanni Pisano; un duecentesco Crocifisso di scuola umbra, dipinto su tavola; uno stupendo coro ligneo, del 1530, intagliato ed intarsiato da Antonio e Sebastiano Bencivenni da Mercatello. La cripta del XII secolo conserva un Crocifisso ligneo del Settecento e numerose pietre tombali.
Nel braccio sinistro del transetto, si trova l’organo a canne. Lo strumento, che è stato costruito negli anni sessanta del XX secolo dalla ditta organaria Pinchi, riutilizza parte del materiale fonico di un precedente strumento, opera di Angelo Morettini, risalente al 1841
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