Un itinerario nell’Umbria sacra e mistica, sacra e pagana, inizia da Città di Castello e ci conduce fino a Gubbio, attraversando la dorsale dell’appennino umbro marchigiano e borghi.
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L’arte sublime di Città di Castello da Raffaello a Luca Signorelli.
Entriamo in Umbria partendo da Città di Castello, la porta nord occidentale della regione, ad appena venti chilometri dal confine con la Toscana e dal Comune di San Sepolcro e raggiungibile facilmente dalla E45 e dall’autostrada A1 in poco più di mezz’ora. E’ una magnifica occasione per visitare il centro storico di questa cittadina e per ammirare lo splendore artistico raggiunto soprattutto in epoca rinascimentale. Merito di preziose committenze che la famiglia Vitelli a capo della Signoria a partire dal XV secolo rivolse ad alcune tra le più grandi personalità del suo tempo, come gli architetti Vasari, Antonio da Sangallo e gli artisti Raffaello, Luca Signorelli, Andrea e Giovanni della Robbia, autori di opere raccolte nella preziosa collezione della Pinacoteca Comunale ospitata all’interno del Palazzo Vitelli alla Cannoniera. La breve sosta a Città di Castello ha alcune tappe obbligate: di notevole interesse sono il Palazzo del Podestà, il Palazzo Comunale, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Domenico e naturalmente il Duomo, frutto di una progressiva serie di ricostruzioni e restauri avvenuti in seguito alla distruzione del VI secolo ad opera del re degli Ostrogoti, Totila. Il Duomo fu eretto su di un preesistente tempio romano la cui fondazione è stata attribuita a Plinio il Giovane, che nel municipio romano di Città di Castello possedeva una residenza privata. I biografi di San Francesco raccontano di una sua lunga sosta a Città di Castello ospite della famiglia Salamacchia; si narra che proprio qui il santo abbia compiuto uno dei suoi più celebri miracoli, la liberazione dal demonio di una giovane donna tifernate.
La preghiera di San Francesco e San Benedetto.
Appena 8 km dividono Città di Castello dall’Eremo di Buonriposo (vocabolo Sodo, vocabolo Uppiano), tappa del Cammino Francescano perché fu in questo luogo immerso nel verde del Monte Citerone e del colle di Sant’Angiolino, che il poverello trovò il suo riposo spirituale durante il tragitto tra Assisi e l’Eremo della Verba. Il nome dell’eremo deriva con grande probabilità dall’esclamazione Oh, che buon riposo che il Santo era solito esprimere ogni qual volta si trovava in questo piccolo romitorio; ed è particolarmente emozionante ritrovare i segni della stanza in cui San Francesco dimorò nel 1213. Nell’Eremo di Buonriposo pare abbiano vissuto anche altre figure di grande importanza per la comunità cristiana come Antonio da Padova, Bonaventura da Bagnoregio e Bernardino da Siena. Continuiamo il nostro percorso per raggiungere il borgo di Badia Petroia, (verso Ciciliano, vocabolo Ricastelli, vocabolo Biricocco, vocabolo Signorotto, vocabolo Rotetino, bivio Lugnano, Petroia), immerso in una valle di sorprendente bellezza. La sua storia incrocia quella del Monastero di Badia Petroia, dell’ordine di San Benedetto, costruita intorno al 960 ed eretta per conto di Ugo dei Marchesi di Colle. Ciò che rimane oggi del suo glorioso passato è una Chiesa che conserva la funzione originaria, e una struttura privata, Il Giardino della Badia. La Chiesa, dalle forme romanico lombarde, presenta una vasta cripta dalla pianta rettangolare a tre navate: un tempo alla struttura era collegata una torre campanaria ormai totalmente distrutta. Lo scarno arredamento e la luce fioca che emerge centralmente dietro l’altare regala all’ambiente un’atmosfera eccezionalmente dolorosa.
Il fascino dell’attraversamento della dorsale appenninica.
Di grandissimo interesse architettonico è il Santuario della Madonna di Belvedere (SS 257 verso vocabolo Surchio), completamente immerso nel verde della Val Tiberina e con una inedita pianta barocca ottagonale. Per raggiungerlo occorre tornare a Città di Castello e proseguire per la SS 257 percorrendo per 33 chilometri una strada che attraversa l’appennino e che sfiora angoli di grande fascino paesaggistico, come quello del Belvedere sopra le Terme di Fontecchio. Il santuario fu eretto alla fine del XVII secolo su disegno di due architetti, Antonio Gabrielli e Nicla Barbioni, che pensarono di costruire il tempio con una forma circolare (a croce greca) e con un ampio portico, con una sequenza serrata di archi, due esili torri e coperture che conferiscono alla struttura una fisionomia affascinante e raccolta. Così come suggerisce il suo nome, la visita al monastero è consigliata anche in virtù dell’arco panoramico che si può godere dalla sua posizione, uno sguardo a perdifiato sull’Appennino Umbro-Marchigiano. Poco meno di quaranta minuti e trenta chilometri di strada appenninica, tortuosa ma seducente, separano il Santuario della Madonna di Belvedere dall’Abbazia di San Benedetto Vecchio di Pietralunga (SS 257 verso Fraccano): è l’Umbria che non ci si aspetta, più di montagna che di collina. Il viaggio ci porta fino a seicento metri sul livello del mare passando per le frazioni di Fraccano, Ronchi, vocabolo I Terzi, vocabolo Cainardi e vocabolo Cortolla; una volta arrivati al borgo di Pietralunga occorre proseguire per qualche chilometro in direzione Gubbio, immersi in un silenzio profondamente mistico. La struttura originaria dell’Abbazia di San Benedetto Vecchio, conosciuta anche come San Benedetto De Podio, risale all’XI secolo e la sua costruzione si deve al monaco eremita San Pier Damiani grazie al contributo del vescovo di Gubbio Rodolfo Gabrielli. Incantevole la sua struttura a tre navate e le originarie decorazioni scultoree. Prima di arrivare ad Umbertide, merita una deviazione il delizioso borgo medievale di Montone (verso Pietralunga, Maritonda Terza, Carpini, Zona Corlo), posto all’interno dell’Alta Valle del Tevere e circondato dalle rive del fiume Tevere e del fiume Carpina, mantenuto integro negli anni grazie alla sensibilità dei suoi cittadini.
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Umbertide: Abbazia di San Salvatore ed Eremo di Monte Corona.
Tra Pieve De’ Saddi e Umbertide (verso vocabolo Palazzo, Maritonda Terza, Zona Corlo, Zona Faldo) ci son poco più di 15 km, ottimo motivo per visitare questo piccolo centro umbro. Umbertide conserva gioielli architettonici e artistici come l’imponente fortezza medievale (costruita alla fine del XIV secolo di fronte al torrente Reggia), la Collegiata (Chiesa dall’inedita forma ottagonale) e la Chiesa di Santa Croce, che conserva la meravigliosa pala della Deposizione dipinta da Luca Signorelli nel 1516, commissionata dalla confraternita di Santa Croce e posizionata ancora nel suo luogo d’origine. La tappa successiva di questo nostro viaggio tocca l’ennesimo centro spirituale di questo territorio, l’Abbazia di San Salvatore di Montecorona, (verso Borgo Baraglia, Badia, Località Colle, Località Badia di Monte Corona), un monastero benedettino in stile romanico costruito intorno all’XI secolo, fondato secondo tradizione da San Romualdo nel 1008. La Badia gode ancora oggi di una posizione privilegiata, immersa nel verde della Valle del Tevere e stretta dal Monte Acuto; per raggiungerla da Umbertide occorrono venti minuti circa. La sua vicenda storica è legata all’ordine dei camaldolesi. Oggigiorno l’abbazia si presenta con una struttura divisa in due aree distinte: una chiesa superiore – con resti di affreschi trecenteschi e un’ampia navata dai soffitti lignei – e una cripta a cinque navate, così estesa e alta da considerarsi una seconda chiesa. All’esterno si erge una Torre Campanaria dalla forma alquanto singolare: nel suo sviluppo verso l’alto infatti si fa prima endecagonale e quindi ottagonale. Dall’Abbazia consigliamo di arrivare fino all’Eremo di Montecorona: fu costruito intorno al XVI secolo dai padri Camaldolesi, come spazio riservato esclusivamente alla vita spirituale, così da trasformare l’Abbazia di San Salvatore in luogo di raccolta dei pellegrini, di stoccaggio delle materie prime e anche in centro di attività economica e amministrativa. Per spingersi fino all’eremo, sulla cima del Monte Corona, occorre percorrere 8 km di strada di cui solo i primi quattro sono asfaltati, per poi prendere un sentiero (ben orientato dal CAI) fino a raggiungere i 705 metri sul livello del mare, immersi nel verde di boschi secolari di castagni e faggi. La fatica del tragitto è ampiamente ripagata dalla vista di questo sacro e mistico rifugio di preghiera. A questo punto non rimane che finire la giornata giungendo a Gubbio (verso Badia, Borgo Baraglia. E poi la SS219 verso Camporeggiano e Monteleto), percorrendo 30 km circa per un totale di quaranta minuti; non prima però di aver fatto una sosta a pochi chilometri dalla cittadina per ammirare i ruderi del Castello dei Gabrielli (del X secolo) e l’Abbazia di San Bartolomeo (dell’XI secolo), un edificio in stile romanico che conserva ancora le originali arcate, i possenti pilastri in marmo e la cripta. Per quel che riguarda Gubbio, la città è strettamente legata alla storia di San Francesco: proprio qui infatti il Santo si rifugiò dopo essersi allontanato da Assisi, ospite prima degli Spadalonga poi presso il lebbrosario. A Gubbio intraprese il suo percorso di conversione vicino alle persone più bisognose; inoltre, secondo l’agiografia legata al santo assisiate, fu qui che egli convertì un ferocissimo lupo.
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